Nell’anno della sua fondazione l’Istituto contava 13 ospiti; nel giro di circa dieci anni il loro numero arrivò addirittura a quadruplicare.
L’offerta pratica era definita in base ai criteri dell’importanza per l’economia locale e delle opportunità occupazionali per i giovani apprendisti: all’epoca della fondazione, erano oggetto di insegnamento le arti della falegnameria, della tessitura, della saldatura, della calzatura, della lavorazione dell’ottone e del bronzo, della tipografia (quest’ultima introdotta grazie a Magnolfi, che rilevò nel 1844 la celebre tipografia Giachetti, trasferendone le attività nel suo Istituto).
I maestri delle officine erano artigiani ammessi a svolgere le proprie attività nelle botteghe dell’Orfanotrofio; in cambio, si impegnavano ad accogliere gli orfani come apprendisti, garantendo loro un salario che veniva depositato mensilmente presso la Cassa di risparmio e depositi di Prato (che lo stesso Magnolfi aveva contribuito a fondare nel 1830) su libretti individuali da consegnarsi agli orfani dimessi.