Che cos’e’ un archivio? chi sono gli archivisti?
Ognuno di noi è potenzialmente il produttore di un archivio, perchè ognuno di noi è portatore di memoria. Una memoria che non vuol perdersi, che cerca tutti i mezzi per fermarsi, per divenire oggetto concreto, comunicabile ad altri, trasmissibile nel futuro.
Fino ad oggi, nella cultura occidentale, il supporto principale della memoria è stata la carta. La necessità di fermare sulla carta i propri ricordi, le proprie volontà, le relazioni tra gli individui, i fondamenti della vita politica e sociale, ha fatto nascere e crescere nel tempo un prezioso “sedimento fisico di memoria”: documenti si sono uniti a documenti, hanno cercato un linguaggio sempre più adeguato ad esprimere i rapporti da cui provenivano e le volontà che volevano realizzare.
Questo è ciò che ci hanno consegnato i nostri padri, insieme ai monumenti, alle opere d’arte, agli oggetti materiali che ancora ci circondano. Questo è ciò che noi abbiamo ereditato dal passato e dobbiamo consegnare al futuro.
Gli archivi nascono come depositi di documenti caratterizzati dal fatto che ognuno di essi è intimamente legato all’altro da una rete di relazioni. Comprendere il linguaggio con cui il documento si esprime e le relazioni che lo legano agli altri è ciò che ci consente di comprendere l’archivio nel suo insieme e quindi anche di trovarvi ciò che cerchiamo.
Ma non dobbiamo dimenticare che questi archivi – come tutto ciò in cui si esprime l’attività dell’uomo – hanno anche una storia: essi sono cresciuti nel tempo, sono stati conservati e trasmessi, talvolta sono stati distrutti. Essi non sono quindi delle strane entità impersonali, amorfe e misteriose: dietro ciascuno di essi c’è sempre qualcuno.
Questo qualcuno può essere un individuo o una famiglia, un’istituzione, un ente, un’associazione. Chi ha prodotto queste carte voleva che esse servissero e che venissero conservate in funzione di precisi scopi (governare, amministrare una proprietà privata o pubblica, gestire un’impresa, ecc.) e ha considerato l’archivio come una sua proprietà. Allo stesso modo egli lo ha organizzato per rispondere in modo funzionale ed efficace all’attività che egli svolgeva. Talvolta ha voluto che l’archivio rimanesse segreto, che non venisse interamente trasmesso al futuro, e ha preferito scegliere attentamente ciò che andava conservato e ciò che invece poteva essere distrutto.
La storia degli archivi, anche di quelli pubblici, è segnata da questa oscillazione tra la spinta a conservare e quella a distruggere.
La storia degli archivi conosce una novità fondamentale quando, soprattutto dalla fine del XVIII secolo, si afferma progressivamente la concezione che gli archivi costituiscono un patrimonio pubblico e non una proprietà esclusiva e segreta dei detentori del potere. Da strumento di comando essi divengono così i garanti dei diritti di tutti e tutti devono quindi essere messi in grado di accedervi liberamente.
Un’altra grande trasformazione interessa contemporaneamente anche il loro uso: quegli stessi documenti che, nel passato, erano serviti alla politica e all’amministrazione privata e pubblica divengono i materiali indispensabili al lavoro degli storici. Gli archivi, già “arsenali del potere“, si trasformano così in “laboratori della storia“.
La loro piena accessibilità, garantita dall’affermarsi di un nuovo ruolo per gli archivisti, permette a tutti di scavare nel passato più remoto come in quello più recente. Gli archivisti sono diventati così i custodi fedeli di questa memoria collettiva.
dalla pagina “Benvenuti in Archivio” di Diana Toccafondi, 2008