
Di pari passo con la rinascita economica, il dopoguerra segnò per Prato anche una spinta al rilancio della propria immagine artistica (non a caso già nel 1952 si insediava in città l’Associazione turistica pratese, come sezione distaccata dell’Ente provinciale del turismo) e all’affermazione di una identità culturale vivace e polifonica.
Accanto ai circoli intellettuali gravitanti intorno alle tradizionali consolidate realtà locali, tornate nel frattempo pienamente operative (la Società pratese di storia patria, l’Università popolare, la Società dantesca), fiorirono nuove iniziative di più ampio respiro: tra tutte, il Premio letterario Prato, bandito per la prima volta nel ’48 su iniziativa dell’Ente nazionale lavoratori, col finanziamento di industriali tessili, e per tutto il corso degli anni ’50 assegnato sulla base del richiamo ai temi e ai valori della Resistenza.
Negli stessi anni, la squadra di calcio cittadina, l’A.C. Prato, scalava le classifiche dei campionati nazionali, vincendo quello di IV serie del 1953-54 e, quindi, ottenendo nel 1957 la promozione dalla serie C alla B.
Anche in campo teatrale e musicale, si affacciavano nuovi attori, quali la Società pratese dei concerti, co-fondata nel 1948 dall’industriale laniero Roberto Fioravanti, e la scuola polifonica Luigi Borgioli, aggregata alla cappella musicale della Cattedrale; restavano saldi però i soggetti tradizionali: l'antica e rinomata Società corale Guido Monaco (fondata nel 1878), il cui teatro ospitava anche spettacoli di prosa con compagnie locali o fiorentine; l’Associazione corale Giuseppe Verdi (fondata nel 1902); il Teatro Metastasio che, fino alla chiusura per inagibilità nel 1956, propose ogni anno due stagioni, una con cartellone vario, tra la vigilia di Natale e il martedì grasso, e la seconda più popolare, in occasione della Fiera di settembre. Altri teatri, come il Politeama o l’Eden, si convertirono invece al cinematografo, incrementando un'offerta cittadina che, nel 1957, comprendeva circa 9 mila posti disponibili e ben 14 sale, distribuite tra il centro e la periferia.
Il dinamismo culturale della città, in parte beneficiario del sostegno dell'imprenditoria tessile, fu alimentato anche dagli sforzi di coordinamento del Comune, che nella persona di Roberto Giovannini, sindaco dal 1948 al 1965, favorì una serie di iniziative volte ad allargare l'accesso alla cultura come strumento di inclusione sociale, specie in considerazione della significativa componente operaia che connotava il contesto pratese.
Ad esempio, grazie all’iniziativa di Giovannini e del Comitato organizzatore da lui presieduto, l’evento fieristico settembrino pratese recuperò nel 1953, dopo alcuni anni di crisi, ampiezza di respiro: ciò interessò sia la parte espositiva e commerciale, rappresentata dalla Mostra-mercato dell’artigianato locale allestita in prossimità dei giardini di piazza Mercatale; sia la parte artistica, con una mostra pittorica allestita nei rinnovati locali della Galleria comunale, quattro recite liriche presso il Metastasio e l’assegnazione del premio letterario; sia, infine, l’intrattenimento popolare, con eventi sportivi e ludici.
La rinascita pratese, in definitiva, tentò di conciliare tradizione e modernità: è questo il decennio delle grandi mostre dedicate alle glorie pratesi del passato (il mercante Francesco Datini nel '55, il pittore Filippino Lippi nel ‘57), ma anche quello del fiorire di gallerie d'arte legata a un nuovo e vivace collezionismo privato.
La foto documenta i problemi strutturali legati all’assenza di tribune adeguate nello stadio comunale pratese: secondo le cronache, dei 10 mila spettatori dell’amichevole solo il 20% trovò posto nelle tribune; il resto, dovette accontentarsi di assistere in piedi contro le reti di cinta o in equilibrio su laterizi di fortuna (ASPo, Bisori Guido, Pratiche 1953-58, fasc. 220, 20 B9 5b).
L’articolo è un celebre passo poi confluito nel libro "Maledetti Toscani" (pubblicato nel novembre 1956), in cui lo scrittore pratese (al secolo Kurt Erich Suckert, 1898-1957) esprime con orgoglio e ironia il suo pro-fondo legame con la città natale (ASPo, Bisori Guido, Nominativi 1953-1958, fasc. 1).
➢ Il processo al vescovo Fiordelli
Nel febbraio 1954, grazie all’interessamento del senatore Bisori, allora sottosegretario all’Interno con delega agli affari del culto, e alla collaborazione del vicario vescovile Fantaccini e di altri personaggi dell’ambiente cattolico locale, venne ufficializzata la separazione della diocesi di Prato da quella di Pistoia; pochi mesi dopo, il 17 ottobre, fece il suo ingresso in città il nuovo vescovo, Pietro Fiordelli (1916-2004).
Il suo episcopato fu caratterizzato da indubbie aperture al mondo del lavoro, ma fu intransigente sui principi morali. Nell’agosto del 1956 egli divenne protagonista di un episodio che scosse il dibattito nazionale e internazionale dell’epoca: nell’agosto del 1956, infatti, condannò come «pubblici concubini», «alla luce della Morale Cristiana e delle leggi della Chiesa», il militante comunista Mauro Bellandi, battezzato ma non praticante, e Loriana Nunziati, parrocchiana del Soccorso, sposatisi civilmente il 6 agosto davanti al sindaco comunista Giovannini.
Il 6 settembre i coniugi Bellandi sporsero alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Firenze querela per diffamazione nei confronti di Fiordelli e di don Aiazzi, parroco di Santa Maria del Soccorso. Il 27 giugno 1957 Fiordelli e Aiazzi furono rinviati a giudizio.
Il processo si aprì il 24 febbraio 1958 e si concluse con la sentenza di condanna pronunciata il 1° marzo 1958. Fiordelli venne condannato in primo grado al pagamento di una multa, ma assolto in appello il 25 ottobre dello stesso anno, con la motivazione che aveva agito non come privato cittadino, bensì nell'esercizio delle sue funzioni pastorali.




